dall'omelia del 2 novembre 2014

Benedetto XVI in una sua omelia pasquale: “È decisivo che quest’uomo Gesù non fosse solo, non fosse un Io chiuso in se stesso. Egli era una cosa sola con il Dio vivente, unito a Lui talmente da formare con Lui un’unica persona. Egli si trovava, per così dire, in un abbraccio con Colui che è la vita stessa. La sua propria vita non era sua propria soltanto, era una comunione esistenziale con Dio e un essere inserito in Dio, e per questo non poteva essergli tolta realmente”.

Questa pienezza, Gesù non la tiene per sé, ma la condivide con noi uomini, assicurando così la risposta adeguata e sorprendente alla nostra sete di vita, in questo modo la sua Pasqua diviene annuncio e promessa della nostra risurrezione, di una sovrabbondanza di vita che vince la morte, nella sua dimensione concreta e corporale, perché parlare di risurrezione non ha senso, se non come atto che coinvolge tutto l’uomo, nella sua storicità e nella sua carne, coinvolgendo il suo vissuto emotivo, affettivo, immerso nel tempo della sua irripetibile esistenza.

A partire dalla parola di Cristo, resa credibile e consistente nell’evento della risurrezione del Crocifisso, noi possiamo stare di fronte alla morte con una speranza affidabile, gustando già “la vita eterna” nella fede in Gesù, e camminando nella sicura prospettiva della nostra risurrezione in Lui, certi che nulla di noi va perduto.

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